Con la sentenza n. 9559 dell’8 marzo 2016 la Corte di Cassazione, sez. IV, ha confermato l’opinione comune per cui gli eventi lesivi, causati nel corso di incontri sportivi e nel rispetto delle regole del gioco, sono scriminati per l’operare dell’accettazione del rischio consentito. Ha precisato che la causa di giustificazione atipica dell’accettazione del rischio consentito sussiste, con la conseguente esclusione dell’antigiuridicità del fatto quando si tratti di un atto posto in essere senza volontà lesiva e nel rispetto del regolamento e l’evento di danno sia la conseguenza della natura stessa dell’attività sportiva, che importa come contatto fisico; o, quando, pur in presenza di una violazione della norma regolamentare, debba constatarsi l’assenza della volontà di ledere l’avversario e il finalismo dell’azione correlato all’attività sportiva.
Il doping nelle attività sportive
Negli ordinamenti moderni l’utilizzo di sostanze dopanti è di regola punito come illecito sportivo, cui conseguono sanzioni disciplinari (squalifiche a tempo, radiazioni…). È poi la legge n. 376 del 2000 (Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping), attuativa della Convenzione contro il doping di Strasburgo del 16 novembre 1989, ad introdurre nell’ordinamento italiano il reato di doping.