Sull’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, introdotto con la legge 28 aprile 2014 n. 67, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono recentemente pronunciate con due distinte sentenze. Con la sentenza n. 33216 del 29 luglio 2016 (ud. 31 marzo 2016) hanno stabilito che “l’ordinanza di rigetto della richiesta di messa alla prova non è autonomamente impugnabile, ma è appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 586 c.p.p., in quanto l’art. 464-quater, comma 7, c.p.p., nel prevedere il ricorso per cassazione, si riferisce unicamente al provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta dell’imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con messa alla prova”. Con la sentenza n. 36272 del 1° settembre 2016 (ud. 31 marzo 2016) hanno ritenuto che “ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, il richiamo contenuto nell’art. 168-bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie-base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese le circostanze ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato”.
Non punibili per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. anche i reati di guida in stato di ebbrezza e di rifiuto di sottoporsi all’alcoltest
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con le sentenze n. 13681 e n. 13682 del 25.02.2016 (depositate il 06.04.2016), si sono espresse circa il riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto anche al reato di guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico compreso tra 0,8 e 1,5 g/l (art. 186, comma 2 lett. b, C.d.S.), al reato di guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l (art. 186, comma 2 lett. c, C.d.S.), ed al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza (art. 186, comma 7, C.d.S.).
L’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento nel furto in supermercato
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 40354 del 30 settembre 2013 hanno dichiarato che il mero occultamento, all’interno di una borsa (o analogo contenitore) ovvero sulla persona, della merce sottratta dagli scaffali di un esercizio commerciale, nel quale si pratichi la vendita a self service, non configura la circostanza aggravante dell’uso del mezzo fraudolento, prevista per il furto dall’art. 625, comma 1 n. 2, c.p. Tale condotta, invero, rappresenta un banale, ordinario, accorgimento che non vulnera in modo apprezzabile le difese apprestate a tutela del bene.