Dopo l’introduzione, ad opera della legge n. 67 del 2014, della sospensione del procedimento con messa alla prova per gli imputati maggiorenni (per l’approfondimento del quale si rinvia all’articolo “La messa alla prova per gli adulti”), il provvedimento del Tribunale di Torino, del 21 maggio 2014, rappresenta una delle prime applicazioni della nuova misura e si rivela di indubbio interesse perché affronta talune questioni lasciate in sospeso dalla citata legge.
L’applicabilità della messa alla prova anche ai processi in corso
Prima fra tutte, il Tribunale di Torino si è occupato della questione relativa alla applicabilità del nuovo istituto anche ai processi in corso.
Manca infatti, nella legge n. 67 del 2014, una disciplina transitoria diretta a regolare i procedimenti instaurati per i reati previsti all’art. 168-bis c.p. che abbiano, al momento dell’entrata in vigore della detta legge, superato il termine entro il quale la sospensione del procedimento con messa alla prova poteva essere richiesta dall’imputato.
Secondo il Tribunale torinese, la nuova misura si applica anche ai processi in corso; di conseguenza, superando le preclusioni processuali stabilite dalla legge circa il termine entro il quale avanzare la richiesta, ha ‘rimesso in termini’ due imputate che avevano formulato istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dopo l’apertura del dibattimento, istanza alla quale avevano allegato la richiesta, anzitempo depositata all’U.E.P.E. (ossia all’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna), di un programma di trattamento.
A favore di tale decisione, i Giudici torinesi hanno sottolineato la natura sostanziale, oltre che processuale, dell’istituto introdotto agli artt. 168-bis ss. c.p., ed hanno pertanto ritenuto di dover applicare la disciplina generale dell’art. 2, comma 4, c.p., ossia quella che impone l’applicazione, anche ai fatti pregressi ed ai procedimenti pendenti, della legge più favorevole al reo, successivamente intervenuta.
Dello stesso tema si è occupata anche la Corte di Cassazione, sezione IV penale, con l’ordinanza n. 30559 dell’11 luglio 2014: dopo le argomentazioni a sostegno della applicabilità delle nuove disposizioni sulla messa alla prova anche ai processi in corso (con il richiamo dell’art. 2, comma 4, c.p., delle fonti internazionali e comunitarie, e delle pronunce della Corte di giustizia dell’Unione Europea), i giudici di legittimità hanno rimesso la questione alle Sezioni Unite, prospettando la possibilità di soluzioni interpretative diverse (come quella che, sottolineando la natura processuale dell’istituto, fa valere il principio del tempus regit actum e quindi l’inapplicabilità della nuove disposizioni sulla messa alla prova anche ai fatti pregressi ed ai procedimenti in corso).
La messa alla prova parziale
Il Tribunale di Torino, nel richiamato provvedimento dello scorso 21 maggio, si è occupato anche della possibilità di concedere la messa alla prova ‘parziale’, ossia solo per alcuni reati contestati, con conseguente stralcio degli altri. Sul punto, nulla si specifica nella legge n. 67 del 2014.
Non è raro infatti che nell’ambito di uno stesso procedimento vengano contestate all’imputato più ipotesi di reato, alcune con pena edittale non superiore nel massimo a quattro anni di reclusione, ed altre che, superando tale limite, precludono l’applicabilità della sospensione del procedimento con messa alla prova.
I Giudici torinesi, dopo aver richiamato la prevalente giurisprudenza di legittimità che esclude l’applicabilità del ‘patteggiamento parziale’ nei procedimenti oggettivamente cumulativi, hanno evidenziato come a differenza dell’istituto del patteggiamento, che ha finalità prevalenti di deflazione processuale, la sospensione del procedimento con messa alla prova risponde ad esigenze anche di risocializzazione del reo. Di conseguenza, hanno ammesso nel caso concreto la separazione del procedimento ed hanno accolto la richiesta di concessione della nuova misura solo per i reati che rientrano nella operatività dell’art. 168-bis c.p.
In conclusione, se da una parte entrambe le decisioni del Tribunale di Torino, quella sulla applicabilità del nuovo istituto ai processi in corso e quella sulla messa alla prova ‘parziale’, non rispecchiano le esigenze di economia processuale, dall’altra tuttavia sottolineano la messa alla prova come percorso risocializzante per il reo e come strumento di giustizia riparativa.