Riportiamo di seguito l’interessante sentenza n. 46625 del 2015 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e un caso concreto di cui lo Studio dell’Avv. Lucino si è recentemente occupato, risolto anche alla luce del principio di diritto enunciato con la detta pronuncia.
Con la sentenza n. 46625 del 29.10.2015 (e depositata il 24.11.2015) le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che non può considerarsi ubriaco l’automobilista che rifiuta l’alcooltest; pertanto, a quest’ultimo non può addebitarsi l’aggravante di aver causato un incidente stradale, prevista invece per il reato di guida in stato di ebbrezza all’art. 186, comma 2-bis, C.d.S., ed ostativa alla sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità.
La sentenza n. 46625 del 2015 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione
Con la pronuncia in commento la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Procuratore della Repubblica avverso la sentenza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Macerata che aveva sostituito la pena detentiva e pecuniaria, comminata per il reato di rifiuto di sottoporsi all’alcooltest, con il lavoro di pubblica utilità, ritenendo non compiutamente dimostrato lo stato di ebbrezza del conducente che aveva procurato un sinistro stradale. Il ricorrente denunciava la violazione della legge, sostenendo che nel caso di specie sussisteva la condizione ostativa data dall’aggravante di aver provocato un incidente stradale ex art. 186, comma 2-bis, C.d.S.; invero, l’art. 186, comma 9-bis, C.d.S. esclude l’ammissione al detto beneficio nel caso in cui sussista l’aggravante di aver provocato un incidente stradale.
Le Sezioni Unite hanno anzitutto premesso che in tema di guida in stato di ebbrezza non è applicabile la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità quando sussiste l’aggravante di aver provocato un incidente stradale ex art. 186, comma 2-bis, C.d.S., anche se la stessa si ritiene soccombente (o equivalente) rispetto alle circostanze attenuanti eventualmente sussistenti, perché il giudizio di comparazione che conduce all’esclusione dell’operatività dell’aggravante sul piano sanzionatorio non fa venir meno la configurazione giuridica del reato aggravato e, di conseguenza, gli effetti che la legge ricollega alla singola circostanza, pur se sfavorevoli per l’imputato.
Sulla questione se la circostanza aggravante prevista dall’art. 186, comma 2-bis, C.d.S. sia applicabile anche al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza di cui all’art. 186, comma 7, C.d.S., la Suprema Corte ha dapprima preso atto del contrasto sussistente nell’ambito della giurisprudenza di legittimità: da un lato, l’orientamento che sostiene la configurabilità dell’aggravante dell’aver provocato un incidente stradale anche all’ipotesi di rifiuto di sottoporsi all’alcooltest, perché il comma 7 dell’art. 186 C.d.S. rinvia al comma 2 lett. c) del medesimo articolo, che a sua volta è richiamato dal comma 2-bis; dall’altro, l’orientamento opposto, che limita la configurabilità della detta aggravante al solo reato di guida in stato di ebbrezza, escludendo la sua applicabilità anche all’ipotesi del mero rifiuto di sottoporsi all’accertamento dello stato di ebbrezza, in assenza di un espresso richiamo all’ipotesi aggravata nella previsione del comma 7 dell’art. 186 C.d.S.
Confermando questo secondo orientamento, le Sezioni Unite hanno statuito che la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza. E depone in questo senso lo stesso dato testuale che può trarsi dal raffronto tra la definizione normativa dell’aggravante di cui al comma 2-bis dell’art. 186 C.d.S. (“Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale…”) e quella del reato di cui al comma 7 (“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di rifiuto all’accertamento di cui ai commi 3, 4, 5, il conducente è punito…”). Dal confronto delle norme, invero, emerge con evidenza la diversità ontologica tra il concetto di “conducente in stato di ebbrezza”, che è elemento costitutivo dell’aggravante, e quello di “conducente che si rifiuti di sottoporsi all’accertamento”, che presuppone la mancanza dell’accertamento dello stato di ebbrezza, perfezionandosi il reato, di natura istantanea, con il mero rifiuto di sottoporsi all’alcooltest, e dunque nel momento in cui l’interessato ha espresso la sua indisponibilità a sottoporsi all’accertamento dello stato con cui si è posto alla guida di un veicolo.
Spiegano inoltre i Giudici della Cassazione, che non è un caso che nel comma 7 dell’art. 186 C.d.S. manchi un riferimento esplicito al comma 2-bis, soprattutto dopo le recenti novelle normative, come quelle da ultimo introdotte dalla legge 120/2010: ciò, dunque, esclude che si tratti di un mero difetto di coordinamento.
Le Sezioni Unite hanno così enunciato il principio di diritto secondo cui “la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza”.
Corretta è allora la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, C.d.S., in caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento dello stato di ebbrezza.
Un caso concreto di cui si è occupato lo Studio legale Lucino
Lo Studio dell’avv. Lucino si è recentemente occupato del caso di un imputato accusato del reato di cui all’art. 186, comma 7, C.d.S. in relazione all’art. 186, comma 2 lett. c), C.d.S., con l’aggravante di cui all’art. 186, comma 2-bis, C.d.S., perché, circolando sulla pubblica via alla guida del suo automezzo, benché fosse in evidente stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche (stato di ebbrezza desunto dalla forte alitosi alcolica, dalla difficoltà nell’interloquire, dagli occhi arrossati e dall’equilibrio precario), e dopo aver urtato un veicolo in sosta, rifiutava di sottoporsi al relativo accertamento alcolimetrico.
Con il consenso del Pubblico Ministero, e ritenendo non configurabile nel caso di specie la contestata aggravante dell’aver provocato un incidente stradale, all’udienza fissata dinanzi al Tribunale ordinario di Milano, l’avv. Lucino presentava al Giudice istanza di patteggiamento, chiedendo contestualmente la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità.
Il Giudice, dopo aver ritenuto congrua la pena richiesta dalle parti e dopo aver correttamente rilevato che “l’accertamento del fatto, pur collegato ad un incidente di minima entità, non è preclusivo in considerazione del principio di legalità che impone di interpretare restrittivamente il rinvio operato dalla norma qui contestata al solo trattamento sanzionatorio previsto dal comma 2 e non anche alla specifica aggravante ostativa, prevista dal comma 2-bis, come deciso dalla recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 466625 del 28 ottobre 2015”, condannava l’imputato alla pena come richiesta e la sostituiva con il lavoro di pubblica utilità.