Torniamo a parlare dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova per gli imputati maggiorenni (sul quale si è già esposto in altri articoli, cui si rinvia per un maggiore approfondimento: “La messa alla prova per gli adulti” e “Prime applicazioni della messa alla prova per gli adulti e prime importanti questioni da risolvere”), per segnalare un recente provvedimento del Tribunale di Milano sulla questione della ammissibilità della richiesta di messa alla prova nel caso in cui l’imputato sia chiamato a rispondere di più reati (ord. del 28 aprile 2015 del Tribunale di Milano, III sezione penale, Giudice Dott. Mannucci Pacini).
Nel caso di specie, l’imputato, accusato dei reati di cui agli artt. 186, comma 7, C.d.S., 337 e 341-bis c.p. (rifiuto di sottoporsi all’accertamento del tasso alcoolemico, resistenza a pubblico ufficiale e oltraggio a pubblico ufficiale), avanzava richiesta di applicazione dell’istituto, introdotto dalla legge n. 67 del 2014, della messa alla prova.
Il Tribunale ha rilevato anzitutto che per ciascuno dei reati contestati all’imputato, singolarmente considerati, la messa alla prova era ammissibile: i reati di cui all’art. 186, comma 7, C.d.S. e 341-bis c.p. sono puniti con una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, e il reato di cui all’art. 337 c.p. rientra nel novero dei delitti indicati dall’art. 550, comma 2, c.p.p. richiamato dall’art. 168-bis c.p.
Ha poi precisato che l’art. 168-bis, comma 4, c.p. (“La sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato non può essere concessa più di una volta”) non determina l’inammissibilità della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova ai casi in cui all’imputato venga contestata una pluralità di reati, poiché in tali casi l’istituto verrebbe applicato una volta sola, sebbene per più reati. Ritenere la locuzione legislativa “per più di una volta” coincidente con la locuzione “per più reati”, non solo comporterebbe una evidente forzatura in malam partem del tenore letterale della norma, stridendo con il più generale principio di legalità, ma contrasterebbe anche con la ratio del nuovo istituto, volto a perseguire finalità deflattive e ad offrire all’imputato l’occasione per intraprendere una diversa e onesta condotta di vita.
Ha inoltre aggiunto che alla stessa conclusione deve giungersi qualora i reati contestati siano legati dal vincolo della continuazione ex art. 81, comma 2, c.p., poiché l’istituto della continuazione non può mai essere applicato in malam partem. In più, una tale interpretazione è la medesima già consolidatasi in materia di sospensione condizionale della pena, nella cui disciplina la concessione del beneficio viene limitata facendo ricorso alla medesima locuzione “per più di una volta” (art. 164, comma 4, c.p.).
Il Tribunale di Milano ha pertanto concesso la sospensione del procedimento con messa alla prova all’imputato che ne aveva fatto richiesta, concludendo che “la presenza di una pluralità di reati contestati, quando – per ciascuno di essi, singolarmente considerato – la richiesta risulti ammissibile, non può di per sé giustificare il rigetto della richiesta di messa alla prova, a prescindere dalla sussistenza o meno di un vincolo di continuazione fra gli stessi”.
Ha sottolineato in ultimo che, semmai, la pluralità di contestazioni a carico dell’imputato è un dato che il Giudice può – anzi deve – considerare nella formulazione della prognosi in ordine al futuro comportamento della persona e all’astensione di quest’ultima dal commettere ulteriori reati; presupposti, anch’essi, ai quali l’art. 464-quater c.p.p. subordina la concessione della messa alla prova.