L’inapplicabilità della misura cautelare in carcere per le pene detentive non superiori a tre anni, introdotta dal decreto legge del 26 giugno 2014, n. 92.
Il 28 giugno 2014 è entrato in vigore il decreto legge n. 92 del 26 giugno 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 27 giugno.
Il provvedimento prevede, fra le modifiche al codice di procedura penale, una importante novità in tema di misure cautelari, ovvero l’inapplicabilità della misura cautelare in carcere per le pene detentive non superiori a tre anni.
E precisamente l’art. 8 del detto decreto legge ha modificato l’art. 275, comma 2-bis, c.p.p. come segue: “Non può essere applicata la misura cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni”.
Viene in primo luogo esteso anche agli arresti domiciliari, oltre che alla custodia cautelare in carcere, il divieto di applicazione per le pene che possono essere sospese condizionalmente (pene detentive sino a due anni); in secondo luogo, al periodo successivo, viene introdotto un divieto assoluto di disporre la misura cautelare in carcere per le pene detentive non superiori a tre anni.
Il senso della nuova disposizione è quello di evitare l’ingresso o la permanenza in un istituto penitenziario a quei soggetti che, una volta condannati in via definitiva, potrebbero beneficiare delle misure alternative alla detenzione, fra le quali l’affidamento in prova al servizio sociale e la detenzione domiciliare. Invero, si legge nel decreto che l’intento è quello di rendere l’art. 275, comma 2-bis, c.p.p. coerente con l’art. 656 c.p.p., ove prevede al comma 5 che, divenuta definitiva la sentenza di condanna, l’esecuzione delle pene detentive non superiori a tre anni (anche se costituenti residuo di maggior pena) venga sospesa per consentire al condannato di presentare istanza di concessione di una misura alternativa al carcere.
Non si deve però dimenticare che la concreta ammissione del condannato a tali benefici non è affatto automatica ma è subordinata alla valutazione individualizzata del Tribunale di Sorveglianza che dovrà tenere conto, tra l’altro, sia della eventuale possibilità che il soggetto torni a delinquere sia delle esigenze di tutela sociale.
Effetti immediati
La modifica dell’art. 275, comma 2-bis, c.p.p., destinata a produrre effetti immediati anche sulle misure cautelari in corso di esecuzione, è senza dubbio importantissima e come tale ha immediatamente suscitato grande interesse, non solo fra gli operatori del diritto, ma anche nel dibattito pubblico.
Infatti, essendo il limite di tre anni di pena in concreto compatibile con reati di media gravità, la nuova disposizione rende inapplicabile la misura cautelare del carcere ai soggetti che hanno commesso reati come il furto, la truffa, la ricettazione e la corruzione, nonché reati a base violenta come i maltrattamenti in famiglia e gli atti persecutori (il cosiddetto stalking). Ne consegue allora, in forza del nuovo art. 275, comma 2-bis, c.p.p., che tali soggetti, qualora non possano essere sottoposti agli arresti domiciliari, ad esempio per l’indisponibilità di un domicilio, dovranno essere rimessi in libertà con una misura cautelare non custodiale (come il divieto di espatrio, l’obbligo di presentarsi alla polizia, l’allontanamento dalla casa familiare, il divieto o l’obbligo di dimora, e il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa).
Deve tuttavia segnalarsi la possibilità che il decreto in esame possa subire modifiche in sede di conversione in legge: l’art. 8 del decreto, che ha stabilito l’inapplicabilità della misura cautelare in carcere per le pene detentive non superiori a tre anni, potrà essere del tutto eliminato, come già auspicato da una parte della dottrina, o potrà essere modificato nel senso di escludere il detto divieto per determinate fattispecie di reati, come i maltrattamenti in famiglia e lo stalking.
Il divieto assoluto di applicabilità della misura cautelare in carcere per i reati puniti con una pena non superiore a tre anni non è l’unica rilevante novità del decreto legge n. 92 del 2014. Il decreto, infatti, contiene un’altra importante novità in tema di risarcimento del danno in favore dei detenuti e degli internati che hanno scontato la pena in condizione di sovraffollamento, nonché talune modifiche all’ordinamento penitenziario minorile. Per l’approfondimento di questi temi si rinvia all’articolo “I rimedi risarcitori in favore dei detenuti che hanno scontato la pena in condizione di sovraffollamento e le modifiche all’ordinamento penitenziario minorile, introdotti dal decreto legge del 26 giugno 2014, n. 92”.