La Corte di Cassazione, sez. IV penale, con la sentenza n. 46386 del 23 ottobre 2015 (depositata il 23 novembre 2015) ha stabilito che in caso di incidente stradale, il prelievo ematico che non sia già stato effettuato dal personale sanitario, ma sia richiesto dalla Polizia giudiziaria all’esclusivo fine dell’accertamento del tasso alcolemico, non può essere effettuato in caso di espresso dissenso dell’indagato (non si ritiene, invece, sufficiente l’implicita manifestazione di volontà contraria), ed è nullo se non preceduto dall’avviso al conducente della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia.
Il caso di specie
La Corte d’Appello di Bologna confermava la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Parma che aveva condannato un conducente di età inferiore a 21 anni e titolare di patente di guida da meno di tre anni, per aver guidato un’autovettura in stato di ebbrezza alcolica provocando un incidente stradale con feriti. Il giovane conducente era stato condotto presso una struttura sanitaria e su richiesta della Polizia giudiziaria era stato sottoposto all’esame ematico, che aveva rilevato un tasso alcolemico pari a 1,55 g/l.
A mezzo del proprio avvocato, l’imputato presentava ricorso per Cassazione, sostenendo che il prelievo ematico, costituente trattamento sanitario invasivo, era stato effettuato a specifica richiesta della Polizia giudiziaria, e non per terapie di pronto soccorso conseguenti ad incidente stradale, senza richiedere il consenso del paziente e senza l’autorizzazione del Pubblico Ministero, nonché senza il dovuto avviso all’interessato della facoltà di farsi assistere da un difensore.
In caso di prelievo ematico effettuato nell’ambito di un protocollo sanitario
La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha innanzitutto precisato che in caso di prelievo ematico effettuato nell’ambito di un protocollo sanitario per terapie di pronto soccorso in seguito ad incidente stradale, non solo è irrilevante il consenso dell’interessato, ma nemmeno può parlarsi di atto urgente della Polizia giudiziaria che necessiti dell’avviso della facoltà di farsi assistere dal difensore in base al combinato disposto degli artt. 354 e 356 c.p.p.
E i risultati del prelievo ematico così eseguito dalla struttura sanitaria, non finalizzato alla prova della responsabilità penale del soggetto, sono utilizzabili per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, anche qualora l’interessato non abbia prestato il proprio consenso.
L’art. 186, comma 5 del Codice della Strada delinea infatti, esplicitamente, la possibilità di questo accertamento, subordinandolo ai soli requisiti oggettivi dell’avvenuto incidente stradale e della sottoposizione a cure mediche da parte della struttura sanitaria, senza citare, invece, il consenso del soggetto (Cass. pen., sez. IV, n. 10605 del 07.03.2013; e Cass. pen., sez. IV, n. 10286 del 06.03.2009).
In caso di prelievo ematico richiesto dalla Polizia giudiziaria per l’accertamento del tasso alcolemico
Diversa è invece l’ipotesi in cui, non avendo i sanitari ritenuto di sottoporre il conducente al prelievo del sangue ed a cure mediche, gli organi della Polizia giudiziaria abbiano richiesto la verifica del tasso alcolemico. Più precisamente, nel caso in cui il conducente, presumibilmente in stato di ebbrezza, abbia provocato o sia rimasto comunque coinvolto in un incidente stradale e venga condotto presso una struttura sanitaria, la Polizia giudiziaria può richiedere l’accertamento del tasso alcolemico ed ottenere la relativa certificazione, al fine di accertare la presenza di alcool nel sangue del soggetto e, di conseguenza, la configurabilità del reato di cui all’art. 186 C.d.S.
In tal caso, diverso da quello in cui il prelievo ematico venga eseguito a fini terapeutici, il consenso del conducente è necessario a fronte di un atto che lede l’inviolabilità della persona ed è diretto al solo scopo di accertare la responsabilità penale. Ne consegue che in presenza di un dissenso espresso dell’interessato la richiesta degli organi di P.G. di effettuare l’analisi del tasso alcolemico è illegittima e, quindi, l’eventuale accertamento, comunque effettuato a mezzo del prelievo ematico da parte dei sanitari, è inutilizzabile ex art. 191 c.p.p. ai fini dell’affermazione di responsabilità per una delle ipotesi di reato di cui all’art. 186 C.d.S. Tuttavia, per la inutilizzabilità del detto accertamento, che ricade tra gli accertamenti urgenti, non ripetibili, disciplinati dall’art. 354 c.p.p., non è sufficiente un’implicita manifestazione di volontà, ma è necessario che il dissenso sia espresso (Cass. pen., sez. IV, n. 6755 dell’11.02.2013; e Cass. pen., sez. IV, n. 26108 del 05.07.2012).
Nel caso concreto, al vaglio del giudizio della Corte di Cassazione, mancava il dissenso espresso dell’interessato al prelievo ematico richiesto dagli agenti accertatori al fine di verificare la presenza di alcool nel sangue. Pertanto, potendo ben essere eseguito l’accertamento, i giudici di legittimità hanno ritenuto infondato il primo motivo di doglianza, relativo alla mancanza del consenso dell’interessato.
L’avviso al conducente della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia durante l’accertamento del tasso alcolemico
La Corte di Cassazione ha però ritenuto fondato il secondo motivo del ricorso dell’imputato, ossia quello relativo al mancato avviso all’interessato della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia durante l’accertamento richiesto non nell’ambito di un protocollo sanitario ma al solo fine di verificare lo stato di ebbrezza.
Come si è già detto, in caso di prelievo ematico effettuato dai sanitari per terapie di pronto soccorso, oltre ad essere irrilevante il consenso dell’interessato, non può parlarsi di atto urgente di P.G. che necessiti del detto avviso in base al combinato disposto degli artt. 354 e 356 c.p.p. Quando invece, come nel caso di specie, il prelievo viene effettuato solo per la verifica del tasso alcolemico, il conducente, del quale non è necessario il consenso, deve essere avvisato, ai sensi dell’art. 114 disp.att.c.p.p., della sua facoltà di farsi assistere da un avvocato. Ne consegue che in mancanza di tale avviso l’accertamento eseguito è inutilizzabile.
La pronuncia in commento, richiamando espressamente la sentenza n. 5396 del 5 febbraio 2015 delle Sezioni Unite della Cassazione (per il cui approfondimento rinviamo all’articolo, già pubblicato, “La nullità dell’accertamento dello stato di ebbrezza può essere dedotta in giudizio, fino alla pronuncia della sentenza di primo grado”), ha precisato che la nullità dell’atto eseguito in violazione dell’art. 114 disp.att.c.p.p. è di ordine generale a regime intermedio (artt. 178, comma 1 lett. c, e 180 c.p.p.) e può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma 2, c.p.p., fino al momento delle deliberazione della sentenza di primo grado.
E poiché nel caso concreto il difensore dell’imputato aveva sollevato tempestivamente la nullità dell’accertamento eseguito, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46386 del 2015, ha annullato la pronuncia impugnata ed assolto l’imputato perché il fatto non sussiste, stante la mancanza di altre prove del suo stato di ebbrezza.