Il 4 luglio 2017 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. riforma Orlando), recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario. Pertanto, le nuove disposizioni ivi contenute entreranno in vigore il prossimo 3 agosto 2017.
Abbiamo già illustrato le plurime novità della recente riforma in un precedente articolo (“È legge la c.d. riforma Orlando: le modifiche al codice penale e al codice di procedura penale“). Intendiamo ora procedere ad una analisi più approfondita delle modifiche apportate al codice penale, e relative alla nuova causa di estinzione del reato per condotte riparatorie, all’inasprimento del regime sanzionatorio di taluni reati ed alle modifiche alla disciplina della prescrizione dei reati. Rinviamo, invece, ad altri specifici articoli lo studio delle modifiche al codice di procedura penale e la disamina delle deleghe al Governo per l’emanazione di decreti legislativi in determinate materie.
Nuova causa di estinzione dei reati per condotte riparatorie
La riforma introduce l’art. 162-ter c.p., rubricato “Estinzione del reato per condotte riparatorie”, disponendo che nei reati perseguibili a querela soggetta a remissione, il giudice, sentite le parti e la persona offesa, dichiara estinto il reato quando l’imputato, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento, ha riparato interamente il danno con le restituzioni o il risarcimento, ed ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato.
All’incolpevole inadempimento della riparazione entro il termine prescritto, consegue la possibilità per l’imputato di chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a 6 mesi, per il pagamento di quanto dovuto a titolo di risarcimento, anche in forma rateale. Il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo (cui consegue la sospensione della prescrizione) e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito (e comunque non oltre 90 giorni dalla predetta scadenza), imponendo specifiche prescrizioni.
La nuova disposizione prevede altresì che il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli artt. 1208 e ss. c.c., formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo.
Il comma 2 dell’art. 1 della legge in commento prevede, in ordine alle questioni di diritto intertemporale, che il nuovo art. 162-ter c.p. si applichi anche ai processi in corso (in primo grado o in appello) alla data di entrata in vigore della riforma, precisando che in questi casi il giudice dichiara l’estinzione del reato anche quando le condotte riparatorie sono state poste in essere oltre il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
Inasprimento del regime sanzionatorio di alcuni reati
Intervenendo sulla cornice edittale della pena o sul regime delle circostanze del reato, il legislatore della riforma ha previsto l’inasprimento del trattamento sanzionatorio di taluni delitti.
Per il reato di scambio elettorale politico-mafioso, di cui all’art. 416-ter, comma 1, c.p., è prevista la pena della reclusione da 6 a 12 anni (prima, invece, la pena della reclusione era compresa tra 4 e 10 anni).
Rilevanti sono le modifiche apportate alle sanzioni dei reati di furto in abitazione e furto con strappo (art. 624-bis c.p.):
- la pena detentiva, prima prevista da 1 a 6 anni, viene innalzata nel minimo e quindi ricompresa tra 3 e 6 anni, mentre la pena pecuniaria, prima prevista da euro 309 a euro 1.032, viene innalzata sia nel minimo che nel massimo e ricompresa tra euro 927 ed euro 1.500;
- per le ipotesi aggravate di cui al comma 3 dell’art. 624-bis c.p., oggi punite con la reclusione da 3 a 10 anni e con la multa da euro 206 a euro 1.549, viene prevista la reclusione da 4 a 10 anni e la multa da euro 927 a euro 2.000;
- infine, sempre nell’ottica di un maggior rigore, con l’introduzione di un quarto comma all’art. 624-bis c.p. viene sancito il divieto di equivalenza o prevalenza delle attenuanti (salvo quelle indicate agli artt. 98 e 625-bis c.p.) con le aggravanti di cui all’art. 625 c.p., con la conseguenza che le diminuzioni di pena dovranno operare sulla quantità della stessa risultante dall’aumento previsto dalle aggravanti dell’art. 625 c.p.
Un severo aumento di pena viene stabilito anche per le circostanze aggravanti di cui all’art. 625 c.p. (furto aggravato): si passa da una reclusione tra 1 e 6 anni e da una multa tra euro 103 e euro 1.032, ad una reclusione da 2 a 6 anni e ad una multa da euro 927 a euro 1.500.
Modifiche importanti sono apportate altresì all’art. 628 c.p. che punisce il delitto di rapina:
- per la fattispecie base è aumentato il minimo della pena detentiva ed è inasprita la cornice edittale della pena pecuniaria: la rapina viene punita con la reclusione da 4 a 10 anni (prima invece era da 3 a 10 anni) e con la multa da euro 927 a euro 2.500 (prima invece era da euro 516 a euro 2.065);
- viene aumenta anche la pena minima per le ipotesi aggravate previste al comma 3 dell’art. 628 c.p.: con la riforma la reclusione è da 5 anni (prima era 4 anni e 6 mesi) a 20 anni, mentre la multa è da euro 1.290 (prima era di euro 1.032) a euro 3.098.
- in ultimo, all’art. 628 c.p. viene introdotto un quarto comma, che disciplina le ipotesi di concorso tra due o più circostanze tra quelle previste dal comma 3 dell’art. 628 c.p. o tra una di queste e le aggravanti comuni di cui all’art. 61 c.p.: in tali casi la pena è della reclusione da 6 a 20 anni e della multa da euro 1.290 a euro 3.098.
Un ulteriore intervento riguarda il reato di estorsione aggravata di cui all’art. 629, comma 2, c.p.: la pena della reclusione viene ricompresa tra 7 (prima 6) e 20 anni, mentre resta invariata la multa, ricompresa tra euro 5.000 e euro 15.000.
Modifiche alla disciplina della prescrizione dei reati
La recente riforma ha apportato significative modifiche alla materia della prescrizione dei reati, riscrivendo parzialmente gli articoli dal 158 al 161 del codice penale.
Anzitutto, all’art. 158 c.p. viene aggiunto, in fine, un comma che stabilisce che, per una serie di reati commessi in danno di minori (artt. 572, 600, 601, 602, 600-bis e ss., 609-bis ss. e 612-bis c.p.), il termine di prescrizione decorre dal compimento del 18° anno di età della persona offesa (salvo che l’azione penale sia stata esercitata precedentemente: in tal caso la prescrizione decorre dall’acquisizione della notizia di reato).
Sulle vigenti ipotesi di sospensione del corso della prescrizione, di cui all’art. 159, comma 1, c.p., viene precisato che:
- per quanto riguarda la richiesta di autorizzazione a procedere, il termine di sospensione inizia a decorrere dal provvedimento con il quale il P.M. presenta la richiesta e finisce il giorno in cui la richiesta è accolta;
- per quanto riguarda il deferimento della questione ad altro giudizio, il termine è sospeso fino al giorno in cui viene decisa la questione.
Vengono poi aggiunte ulteriori ipotesi di sospensione del corso della prescrizione:
- in caso di richiesta di rogatoria all’estero (dalla data del provvedimento che dispone la rogatoria sino a quando l’autorità richiedente riceve la documentazione richiesta, e comunque non oltre 6 mesi);
- dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado fino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, e comunque per un tempo non superiore a 1 anno e 6 mesi;
- dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado fino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, e comunque per un tempo non superiore a 1 anno e 6 mesi;
Il legislatore della riforma ha precisato che nelle ultime due ipotesi di sospensione della prescrizione, in caso di proscioglimento dell’imputato in secondo grado, ovvero in caso di annullamento della sentenza di condanna nella parte relativa all’accertamento della responsabilità, ovvero in caso di dichiarazione di nullità della decisione, con conseguente restituzione degli atti al giudice ex art. 604 c.p.p., i periodi di sospensione (di 1 anno e 6 mesi per il giudizio di appello e di 1 anno e 6 mesi per il giudizio di Cassazione) vengono ricomputati ai fini del calcolo del termine di prescrizione, come una sorta di causa sopravvenuta di perdita dell’efficacia sospensiva dei periodi in questione.
Se, invece, durante i termini di sospensione di cui si è appena detto si verifica un’ulteriore causa di sospensione, i termini vengono prolungati per il periodo corrispondente: in questo modo viene consentito di superare i termini massimi di 1 anno e 6 mesi.
All’art. 160 c.p., che dispone i casi in cui il corso della prescrizione si interrompe, viene aggiunta quale nuova causa interruttiva della prescrizione anche l’interrogatorio davanti alla polizia giudiziaria, su delega del Pubblico Ministero: in questo modo viene risolto il contrasto sorto nella giurisprudenza di legittimità e sul quale le Sezioni Unite della Suprema Corte si erano espresse nel senso di non ritenere l’interrogatorio della polizia giudiziaria delegata dal p.m. quale causa interruttiva, stante il carattere tassativo dell’elencazione degli atti interruttivi (Cass., sez. un., n. 33543 del 2001).
Anche il successivo art. 161 c.p. (effetti della sospensione e della interruzione) viene novellato al comma 1: se prima si stabiliva che tanto la sospensione quanto la interruzione della prescrizione avevano effetto nei confronti di tutti coloro che hanno commesso il reato, la riforma ha distinto le due ipotesi, disponendo che l’interruzione ha effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato, mentre la sospensione ha effetto solo per gli imputati nei cui confronti si sta procedendo. Pare, questa, l’unica novità in bonam partem della riforma, poiché per i concorrenti nel reato, non imputati nel procedimento in cui si verifica una causa sospensiva ex art. 159 c.p., il termine di prescrizione continua normalmente a decorrere.
Intervenendo anche sul comma 2 dell’art. 161 c.p., il recente disegno di legge ha ricompreso alcuni reati contro la Pubblica Amministrazione (artt. 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322-bis, 640-bis c.p.) tra quelli per cui l’interruzione della prescrizione può comportare un aumento della metà del tempo base necessario a prescrivere ex art. 157 c.p.
L’ultima disposizione della riforma Orlando sul tema della prescrizione stabilisce espressamente che i novellati artt. 158-161 c.p. si applicano ai soli fatti commessi dopo l’entrata in vigore della legge. Stante la natura sostanziale dell’istituto della prescrizione, tale precisazione appare superflua per le novità sfavorevoli all’imputato, che sono inapplicabili ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della nuova legge, in forza del principio di irretroattività della legge penale. Inoltre, la stessa precisazione suscita non pochi dubbi dal momento che impedisce che le novità favorevoli all’imputato possano retroagire ai fatti precedentemente accaduti, e ciò in contrasto con l’art. 2, comma 4, c.p.