Torniamo a parlare del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali di cui all’art. 2 del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463 (convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 1983, n. 638).
In altro articolo (“L’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è, ad oggi, ancora reato”) abbiamo riportato l’orientamento dei Giudici di merito e della Corte di Cassazione in merito alla auspicata, ma non ancora formalmente entrata in vigore, depenalizzazione del reato in questione. Come si è detto, infatti, l’art. 2, comma 2 lettera c), della legge 28 aprile 2014, n. 67 ha conferito delega al Governo per la trasformazione in illecito amministrativo del reato di omesso versamento all’I.N.P.S. delle ritenute previdenziali, purché non ecceda il limite complessivo di 10.000 euro annui.
Abbiamo già sottolineato che mentre i Tribunali, da una parte, ritengono già di fatto depenalizzato il reato in esame (Trib. Bari, sentenza n. 1465 del 16 giugno 2014; e Trib. Asti, sentenza n. 3107 del 27 giugno 2014), la Corte di Cassazione, dall’altra, ha precisato che in realtà la fattispecie di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è tuttora prevista come reato, non essendo stato emanato alcun decreto legislativo che depenalizzi l’art. 2 d.l. 463/1983 (Cass. pen., sez. fer., n. 38080 del 2014).
Recenti sentenze di assoluzione per mancanza di offensività in concreto dell’omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali
Nonostante il chiaro orientamento della Suprema Corte, continuano le pronunce dei Giudici di merito che non condannano per il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali (per importi non superiori ai 10.000,00 euro annui).
Ma ciò che ci ha spinti a tornare nuovamente sull’argomento sono le motivazioni delle recenti sentenze del Tribunale di Avezzano, la n. 712 del 24.09.2014 (dep. 16.10.2014), e del Tribunale di Aosta del 07.11.2014. Entrambe, invero, facendo leva sulla mancanza di offensività in concreto del fatto contestato, assolvono gli imputati nel merito perché il fatto non costituisce reato.
Più precisamente, il Giudice di Avezzano ha ritenuto che la disobbedienza dell’imprenditore all’obbligo di versare i contributi previdenziali, nella specie pari a 239,92 euro, non aveva pregiudicato in concreto il bene giuridico oggetto di tutela dell’art. 2 d.l. 463/1983 (ossia la tutela previdenziale del lavoro e dei lavoratori). E sul punto nella sentenza si legge il richiamo al monito della Corte costituzionale, contenuto nella sentenza n. 139 del 2014: dichiarando l’infondatezza della questione di legittimità dell’art. 2 d.l. 463/1983, la Consulta ha infatti precisato che “resta precipuo dovere del giudice di merito di apprezzare − alla stregua del generale canone interpretativo offerto dal principio di necessaria offensività della condotta concreta – se essa, avuto riguardo alla ratio della norma incriminatrice, sia, in concreto, palesemente priva di qualsiasi idoneità lesiva dei beni giuridici tutelati”.
Il Tribunale di Avezzano ha inoltre rilevato come la mancanza di offensività nell’illecito penale contestato assumesse contorni ancora più netti in forza dei principi enunciati nella legge delega n. 67 del 2014, ove si prospetta la depenalizzazione del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali. In questo modo, il Giudice di Avezzano ha attribuito capacità normativa immediata ai criteri direttivi impressi nella legge delega in materia di depenalizzazione, al pari delle precedenti pronunce dei Giudici di merito e di contro alla richiamata sentenza della Corte di Cassazione: anche perché – come si legge in sentenza – “il Governo non potrà discostarsi da tali principi e criteri direttivi, così precisi e tassativamente delimitati”.
La sentenza del Tribunale di Aosta, dal canto suo, ha confermato l’orientamento della sentenza n. 38080 del 2014 della Corte di Cassazione, sottolineando come in assenza del decreto delegato la fattispecie di reato dell’omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali non possa considerarsi depenalizzato. Tuttavia, rinviando – come il Tribunale di Avezzano – alla pronuncia della Corte costituzionale n. 139 del 2014, anche il Giudice di Aosta ha assolto l’imputato per la mancanza di offensività della condotta contestata, priva in concreto di carica lesiva per l’interesse all’integrità del sistema previdenziale (nel caso di specie, l’imputato aveva omesso il versamento all’I.N.P.S. dell’importo di 929,00 euro).
Dobbiamo però dare atto che a diversa conclusione è giunto il Tribunale di Torino, nella sentenza del 03.11.2014: dopo aver sottolineato che in assenza del concreto esercizio della delega, non è possibile ritenere che i principi e i criteri inseriti nella legge di delegazione in materia di depenalizzazione abbiano effetto modificativo dell’ordinamento vigente, ha condannato l’imputata per l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali per la somma complessiva di 696,00 euro. Secondo il Giudice di Torino “affermare, in un caso come questo, che la condotta sia inoffensiva, significherebbe attribuire patente di liceità alla sistematica omissione contributiva effettuata da datori di lavoro aventi un solo dipendente, ciò che, sul piano nazionale, concernerebbe un numero elevatissimo di soggetti debitori, con conseguente sicuro pregiudizio del bene penalmente protetto, come detto assistito da una speciale garanzia costituzionale”.
Non ci resta allora che concludere, a questo punto, che ciò che emerge da questo variegato quadro giurisprudenziale, tra pronunce di proscioglimento e condanne in situazioni tra loro molto simili, è la difficile prevedibilità delle decisioni penali e, più in generale, la poca certezza del diritto.