Il procedimento per decreto, disciplinato agli artt. 459 ss. c.p.p., è un procedimento speciale che ha lo scopo di evitare sia l’udienza preliminare sia il dibattimento. Detto procedimento è applicabile ai reati perseguibili d’ufficio ed a quelli perseguibili a querela se questa è stata validamente presentata e se il querelante non ha nella stessa dichiarato di opporvisi.
Il Pubblico Ministero, se ritiene che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria (multa o ammenda), sia pure in sostituzione di una pena detentiva, può presentare al Giudice per le Indagini Preliminari richiesta motivata di emissione di un decreto penale di condanna nei confronti dell’imputato, indicando la misura della pena. Per inciso, la pena detentiva (arresto o reclusione) può essere convertita in pena pecuniaria quando è di durata uguale o inferiore a 6 mesi; per la conversione, un giorno di pena detentiva equivale ad euro 250,00 di pena pecuniaria.
Sulla richiesta decide il G.I.P. senza sentire la difesa, e cioè senza alcun preventivo contraddittorio con l’imputato; pertanto, la decisione si fonda unicamente sugli elementi di prova raccolti dall’accusa, che deve trasmettere al Giudice il fascicolo delle indagini.
Gli aspetti premiali per l’imputato
La definizione del processo mediante il decreto penale consente al sistema giudiziario la rapida definizione del procedimento penale con il massimo risparmio di energie processuali. Perché l’imputato sia incentivato ad accettare la condanna (e non presenti quindi opposizione al decreto penale), l’ordinamento ricollega al procedimento per decreto plurimi benefici:
– il Pubblico Ministero può chiedere l’applicazione di una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo edittale;
– con il decreto penale di condanna il Giudice può applicare la sospensione condizionale della pena; una tale condanna, inoltre, non è di ostacolo ad una successiva sospensione condizionale della pena;
– il decreto penale di condanna non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo;
– non possono essere applicate le pene accessorie né la confisca facoltativa; può essere disposta solo la confisca obbligatoria;
– il decreto penale non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali;
– con il procedimento per decreto si estingue il reato, e ogni altro effetto penale, se nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole;
– la condanna non viene menzionata nei certificati richiesti dai privati.
Il procedimento: l’emissione del decreto penale di condanna e l’eventuale opposizione presentata dall’imputato
Il Giudice per le Indagini Preliminari può rigettare la richiesta di decreto penale per insussistenza dei presupposti oppure perché la pena risulta eccessiva o inadeguata. Quando invece accoglie la richiesta, il Giudice emette il decreto penale di condanna, applicando la pena pecuniaria nella misura indicata dal Pubblico Ministero.
L’art. 460 c.p.p. enuncia i requisisti che tassativamente il decreto penale deve contenere: le generalità dell’imputato (nonché eventualmente quelle della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria), l’enunciazione del fatto, delle circostanze e delle disposizioni di legge violate, l’esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui è fondata la decisione, il dispositivo, l’avviso della possibilità di proporre opposizione entro 15 giorni dalla notificazione del decreto, l’avvertimento che in caso di mancata opposizione il decreto diviene definitivo, l’avviso del diritto di nominare un difensore (nonché la nomina di un difensore d’ufficio), e infine la data e la sottoscrizione del Giudice e dell’ausiliario che lo assiste.
Contro il decreto penale il condannato (e la persona civilmente obbligata), anche tramite il difensore, può presentare opposizione entro 15 giorni dalla notificazione del decreto (art. 461 c.p.p.). Con la dichiarazione di opposizione si può chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento, oppure il giudizio immediato. Contestualmente all’opposizione l’imputato può altresì presentare domanda di oblazione: la definizione del procedimento per oblazione, in quanto causa estintiva del reato, è maggiormente favorevole per l’imputato rispetto al decreto penale che è pur sempre una pronuncia di condanna. In mancanza di una specifica richiesta, l’imputato che si oppone al decreto penale di condanna è citato per il dibattimento mediante l’istituto del giudizio immediato.
Si noti che vi è una rilevante preclusione alla mancata richiesta di un rito speciale nell’atto di opposizione; l’art. 464, comma 3, c.p.p. infatti stabilisce che nel giudizio conseguente l’opposizione l’imputato non può chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento, né presentare domanda di oblazione.
Nel giudizio conseguente all’opposizione, il Giudice revoca il decreto penale emesso e l’imputato perde i benefici premiali specifici del procedimento per decreto; ciò significa che può essere applicata una pena anche diversa e più grave di quella indicata nel decreto penale e possono non essere riconosciuti benefici discrezionali (come la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna) già concessi, o possono essere negate attenuanti già elargite nel decreto penale.
Se l’opposizione non viene proposta o viene dichiarata inammissibile (perché, ad esempio, presentata oltre 15 giorni dalla notifica), il Giudice ordina l’esecuzione del decreto.