L’ordinamento vigente, con il d.P.R. n. 309 del 1990 (“Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”) dedica una complessa disciplina repressiva rispetto a tutte le condotte inerenti le sostanze stupefacenti o psicotrope: dalla produzione e coltivazione al consumo, passando per il trasporto, il commercio, la vendita, la cessione etc.
Gli artt. 73 e 75 d.P.R. n. 309 del 1990, come recentemente modificati
Negli ultimi tempi le norme di contrasto alla droga sono state fortemente riviste dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del decreto legge n. 272 del 2005 (convertito con la legge n. 49 del 2006, nota come “legge Fini-Giovanardi”), facendo così rivivere talune disposizioni della legge n. 162 del 1990 (nota come “legge Jervolino-Vassalli”).
Successivamente, sul testo unico in tema di stupefacenti, per attenuare i dubbi derivanti dalla detta pronuncia dei Giudici costituzionali, è intervenuto il decreto legge n. 36 del 20 marzo 2014 con la relativa legge di conversione n. 79 del 16 maggio 2014.
Oggi, dunque, in ragione dei richiamati interventi, l’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, quale norma pilastro relativa al traffico di sostanze stupefacenti, punisce al comma 1, con la reclusione da otto a venti anni e con la multa da euro 25.822 ad euro 258.228, “chiunque coltiva, produce… vende, cede o riceve, a qualsiasi titolo, distribuisce, commercia, acquista, trasporta… o comunque detiene, fuori dalle ipotesi previste dall’art. 75, sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III” (c.d. “droghe pesanti” come eroina e cocaina).
Al comma 4 del medesimo articolo sono invece punite, con la sanzione meno severa della reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 5.164 ad euro 77.468, le condotte di coltivazione, produzione, vendita, distribuzione, trasporto etc. relative alle sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV (c.d. “droghe leggere” come hashish e marijuana).
Indipendentemente dalla tipologia di sostanza stupefacente trattata, il comma 5 dell’art. 73, quale fattispecie autonoma di reato, punisce i fatti di lieve entità: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la quantità o qualità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 1.032 a euro 10.329”.
Diversamente, l’art. 75 d.P.R. n. 309 del 1990 punisce quale illecito amministrativo la detenzione per uso personale delle sostanze stupefacenti o psicotrope. E come l’art. 73 sulle condotte che ricadono nel “penale” tout court, anche il testo dell’art. 75 è stato di recente oggetto di rilevanti modifiche.
Riprendendo la distinzione tra “droghe pesanti” e “droghe leggere”, il nuovo comma 1 dell’art. 75 sottopone a una o più sanzioni amministrative, per un periodo da due mesi ad un anno se si tratta di stupefacenti compresi nelle tabelle I e III, e per un periodo da uno a tre mesi se invece si tratta di stupefacenti compresi nelle tabelle II e IV, “chiunque per farne uso personale, illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope”. E le sanzioni amministrative che possono essere irrogate dal Prefetto sono la sospensione della patente di guida o il divieto di conseguirla per un periodo fino a tre anni, la sospensione della licenza di porto d’armi o il divieto di conseguirla, la sospensione del passaporto od altro documento equipollente o il divieto di conseguirli e, se l’illecito è commesso da cittadino extracomunitario, la sospensione del permesso di soggiorno per motivi di turismo o il divieto di conseguirlo.
In caso di particolare tenuità della violazione, ed in presenza di elementi tali da far presumere che il soggetto si asterrà per il futuro da ulteriori trasgressioni, il Prefetto può sostituire le dette sanzioni amministrative con il formale invito a non fare più uso di stupefacenti.
Gli elementi sintomatici dell’uso personale della sostanza stupefacente
Ma quali sono le circostanze in presenza delle quali sussiste la scriminante dell’uso esclusivamente personale della sostanza stupefacente o psicotropa? In altri termini, quando si è considerati sintomaticamente “spacciatori” piuttosto che “assuntori”?
Il comma 1-bis dell’art. 75 indica innanzitutto che ai fini dell’accertamento della destinazione ad uso esclusivamente personale dello stupefacente si deve considerare il dato oggettivo della quantità della sostanza, che non deve essere superiore ai limiti massimi indicati nel decreto del Ministero della salute.
Al criterio della quantità massima detenibile, si affiancano poi altri indici probatori, già elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, quali le modalità di presentazione della sostanza stupefacente avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ed altre circostanze dell’azione da cui risulti che le sostanze sono destinate ad un uso esclusivamente personale, come possono essere ad esempio le qualità soggettive dell’agente.
Per chiarire, elementi come un limitato peso lordo della sostanza stupefacente, unitamente ad una sua bassa percentuale di principio attivo, e la disponibilità di un reddito lecito sufficiente per pagare il consumo di droga, sono indici del fatto che lo stupefacente è detenuto per l’uso esclusivamente personale. Al contrario, fanno supporre che la detenzione della sostanza sia finalizzata allo spaccio il ritrovamento della sostanza da taglio o di un bilancino, nonché la presenza di sacchetti o bustine per il confezionamento; lo stesso può dirsi per la detenzione di sostanze stupefacenti diverse o per la presenza di una considerevole somma di denaro in contanti.
Di recente lo Studio dell’Avv. Francesco Lucino si è occupato della difesa di un imputato accusato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini della cessione a terzi: dopo la condanna in primo grado, la Corte d’appello di Milano, accogliendo le argomentazioni del difensore, ha assolto il soggetto dal reato ascrittogli, ritenendo che la detenzione della sostanza era finalizzata all’uso personale (per un maggiore approfondimento del caso specifico si rinvia all’articolo “Un caso pratico: assolto in appello dal reato di spaccio di sostanze stupefacenti“).