La normativa
Il Codice della Strada (decreto legislativo del 30 aprile 1992, n. 285), oltre alla guida sotto l’influenza dell’alcool (di cui si è trattato nell’approfondimento “Guida in stato di ebbrezza”), sanziona all’art. 187 chiunque si pone alla guida in stato di alterazione psico-fisica per l’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Invero, al pari dell’alcool, le sostanze stupefacenti alterano il corretto funzionamento del sistema nervoso, compromettendo la capacità di attenzione, la concentrazione e la prontezza di risposta agli stimoli esterni, che sono di fondamentale importanza in termini di sicurezza alla guida.
Se per la guida in stato di ebbrezza il Legislatore ha espressamente individuato diverse fasce di gravità del fatto sulla base del quantitativo di alcool presente nel sangue del conducente, per il reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti non ha specificato il quantitativo di sostanza rinvenibile nell’organismo a partire dal quale il conducente è considerato in stato di alterazione (e come tale deve essere sanzionato); in altre parole, l’art. 187 C.d.S. non individua una soglia massima di tolleranza (equivalente allo 0,5 grammi per litro di tasso alcolemico).
Come per l’ipotesi più grave di guida sotto l’influenza dell’alcool (art. 186, comma 2 lett. c, C.d.S.), il soggetto che si pone alla guida di un veicolo dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l’ammenda da 1.500 euro a 6.000 euro e con l’arresto da sei mesi ad un anno; a tali pene si aggiungono altresì la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni e la confisca (ovvero la sottrazione definitiva) del veicolo con il quale è stato commesso il reato, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato; in tal caso, se cioè il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione del documento di guida è raddoppiata (art. 187 C.d.S.).
Anche per la guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti il Legislatore ha previsto specifici aumenti di pena per determinate categorie di guidatori (e precisamente per i conducenti di età inferiore a ventuno anni, per coloro che hanno conseguito la patente di guida da meno di tre anni e per chi esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone o di cose), nonché talune ipotesi di revoca della patente di guida, ad esempio in caso di recidiva nel triennio.
Come l’art. 186 C.d.S., anche l’art. 187 C.d.S. prevede, per l’ipotesi in cui il conducente in stato di alterazione psico-fisica per l’uso di sostanze stupefacenti provochi un incidente stradale, l’aumento del doppio di tutte le sanzioni, amministrative e penali; più gravemente rispetto all’ipotesi di guida in stato di ebbrezza, l’art. 187 C.d.S. prevede anche la revoca della patente di guida e la confisca del veicolo, salvo che questo appartenga a soggetto estraneo al reato (art. 186, comma 1-bis, C.d.S.).
Anche qualora la contravvenzione in esame venga commessa dopo le ore 22 e prima delle ore 7, è previsto l’aumento dell’ammenda da un terzo alla metà (art. 186, comma 1-quater, C.d.S.).
Le conseguenze del reato di guida in stato di alterazione psico-fisica per l’uso di sostanze stupefacenti sono pressoché le stesse della guida in stato di ebbrezza: anche in queste ipotesi viene emesso il decreto penale di condanna (che può essere opposto entro quindici giorni dalla notifica) e la patente di guida viene sospesa dapprima in via provvisoria dal Prefetto e successivamente dal Giudice penale con la sentenza di condanna; infine, anche per la guida sotto l’effetto di sostanze la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita con quella del lavoro di pubblica utilità (art. 187, comma 8-bis, C.d.S.). Per l’approfondimento di queste conseguenze si rinvia al già citato articolo sulla guida in stato di ebbrezza.
La difficoltà di provare la sussistenza del reato
La condotta tipica del reato di cui all’art. 187 C.d.S. non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, ma è quella di colui che guida in stato di alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione. Pertanto, perché il Giudice penale possa pronunciare una sentenza di condanna per la contravvenzione di cui si discute, non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma occorre altresì dimostrare che il soggetto guidava in stato di alterazione psico-fisica causato proprio da tale assunzione.
In altre parole, per la sussistenza del reato di cui all’art. 187 C.d.S. non basta un accertamento di tipo tecnico-biologico, come invece per il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica, per l’integrazione del quale è sufficiente la prova sintomatica dell’ebbrezza o che il conducente abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati dalla legge. Infatti, a differenza dell’alcool che viene velocemente assorbito dall’organismo, le tracce delle sostanze stupefacenti permangono nel tempo, sicché l’esame tecnico potrebbe avere un esito positivo anche in relazione ad un soggetto che ha assunto la sostanza giorni addietro e che, pertanto, non si trova in stato di alterazione mentre è alla guida del veicolo.
Oltre all’accertamento scientifico della presenza di sostanza stupefacente nei liquidi fisiologici del conducente, per integrare il reato di guida sotto l’effetto di droghe occorre altresì la prova che la guida sia stata alterata dall’assunzione di stupefacenti; e detta prova può essere desunta dalla presenza di circostanze aggiuntive capaci di dimostrare la situazione di alterazione psico-fisica al momento della guida, purché si tratti di circostanze significative ed univoche. In difetto di questa prova, la sussistenza del reato di cui all’art. 187 C.d.S. non può essere pronunciata, come impone la legge, oltre ogni ragionevole dubbio.
In questo senso si è espressa sia la giurisprudenza di legittimità che quella di merito; per tutte basti ricordare le sentenze della Corte di Cassazione n. 41796 del 2009, n. 9473 del 2012 e n. 28170 del 2013.
In più occasioni lo Studio dell’Avv. Lucino ha assunto la difesa di imputati del reato di guida in stato di alterazione psico-fisica per l’uso di sostanze stupefacenti. In un caso l’art. 187 C.d.S. era stato contestato ad un soggetto che alla guida del suo ciclomotore aveva provocato un incidente stradale; trasportato in ospedale per le prime cure del caso, era stato sottoposto all’esame chimico delle urine, dalle quali era emerso che il soggetto aveva fatto uso di sostanza stupefacente, nella specie di cannabis: di qui l’avvio del processo per la contravvenzione di guida sotto l’effetto di droghe, aggravato dall’aver provocato un incidente stradale.
Nel giudizio, celebrato con rito abbreviato, la difesa aveva sostenuto che l’accertamento scientifico della presenza di tracce di cannabinoidi nelle urine dell’imputato non poteva rappresentare, da solo, la prova dell’alterazione delle sue condizioni psico-fisiche al momento dell’incidente. Come si è precisato sopra, infatti, le sostanze stupefacenti possono rimanere nelle urine del soggetto che le ha assunte anche per alcuni giorni dopo l’assunzione e tale presenza, in sé e per sé considerata, non comporta automaticamente l’alterazione delle condizioni psico-fisiche previste dall’art. 187 C.d.S. In particolare, nel caso specifico, si era precisato che i cannabinoidi sono presenti nell’organismo, e quindi ritrovabili nelle urine, per almeno trenta giorni dopo la loro assunzione; ne derivava allora che il consumo di cannabis da parte dell’assistito poteva facilmente essere fatto risalire a giorni prima dell’incidente.
A sostegno della tesi difensiva vi era altresì la circostanza che l’incidente si era verificato la mattina, mentre l’imputato si stava recando al lavoro. Pertanto, in assenza di elementi probatori atti a dimostrare la sussistenza, al momento dell’incidente, dell’alterazione psico-fisica del conducente, dovuta all’assunzione di stupefacente, l’imputato era stato assolto dal reato a lui ascritto.